Un’epoca indefinita, il luogo-non luogo, la sensazione dello straniamento: l’effetto sorprendente della “favola che non perde l’effetto di realtà” è fortemente voluto dal regista Olivier Babinet per la trama di Normal, il lungometraggio in concorso per Generator +16.
Un’epoca indefinita, il luogo-non luogo, la sensazione dello straniamento: l’effetto sorprendente della “favola che non perde l’effetto di realtà” è fortemente voluto dal regista Olivier Babinet per la trama di Normal, il lungometraggio in concorso per Generator +16. La quattordicenne Lucie si prende cura del padre William. È una persona amorevole ma inaffidabile: è affetto da sclerosi multipla. C’è un’alchimia che regge in casa: William esce in accappatoio e inventa scherzi e battute per far sorridere sua figlia; Lucie fa del suo meglio a scuola, lavora e sbriga faccende domestiche. Questa unione viene messa a dura prova: appena un assistente sociale viene incaricato di far loro visita, Lucie e William elaborano un piano complesso per far credere ai servizi sociali che vivono una vita perfettamente normale. Resta il punto di domanda: “In quale epoca esatta è ambientato NORMAL? Il mio scenografo Toma Baqueni mi ha persino spinto a rivedere film fantastici che mi piacciono molto, tra cui Donnie Darko e soprattutto It Follows, perché immergono una gioventù molto contemporanea in un immaginario suburbano che va indietro nel tempo – dice il regista – Il contrasto prodotto porta il film verso la favola, pur mantenendo una grande credibilità che è dovuta agli attori, al loro fisico, alla vicinanza che si mantiene con loro. Ho voluto filmare l’ambiente di Lucie e di suo padre malato, questa casa chiusa in se stessa, senza commiserazione per la loro sorte. Il sogno rende sempre lo spazio un po’ più respirabile”.