Sea Sparkle

RECENSIONE DEL FILM IN CONCORSO SEA SPARKLE DELLA SEZIONE GENERATOR +13

Lena e la ricerca di un mostro marino per accettare la morte del padre nel film in concorso SEA SPARKLE della sezione Generator+13

I giurati della categoria Generator +13, riconoscibili dalle t-shirt verde lime, in Sala Truffaut hanno avuto modo di vedere il film in concorso intitolato SEA SPARKLE diretto dal regista Domien Huyge. Dopo essersi formato come regista di cortometraggi, questa volta si è cimentato nella direzione di un lungometraggio caratterizzato da una tematica non particolarmente facile da affrontare. Parlare della morte di un genitore è sempre un argomento spinoso, non particolarmente facile da affrontare, soprattutto quando ci si rivolge a una platea di ragazzi. La scoperta della sofferenza legata alla scomparsa del proprio padre, come nel caso di Lena, è la prima lezione di vita che sperimenta sulla sua pelle. Affrontare la morte di un genitore e la sua accettazione non solo è difficile da accettare nella vita reale, ma anche nelle storie di finzione. Il regista Huyge tratta questo argomento mettendo in pratica tutte quelle caratteristiche che ha odiato vedere fino ad ora. C’è chi fa un salto temporale per giustificare alcuni comportamenti, chi invece si applica a rendere ancora tutto ancora più drammatico e chi invece parla con il genitore che si palesa in versione fantasma.

Il lavoro effettuato da Domien Huyge è stato quello di creare una storia che potesse far riflettere i ragazzi, ma senza dimenticare la possibilità di sognare, di dare quel tocco di magia alla storia, che non toglie nulla a tutto il resto.

Il modo con il quale Lena affronta questo lutto improvviso è riassumibile in un termine: rifiuto. Per mantenere intatta la memoria del padre, secondo lei, l’unico colpevole dell’incidente è un mostro marino luminoso che ha attaccato il peschereccio, portando tutti verso la morte. L’unica cosa che interessa a Lena è dimostrare che il suo pensiero non è frutto della sua fantasia e che non è pazza come le dice la madre. La ragazzina è fermamente convinta che il mostro esiste ed appartiene alla realtà.

In un clima di generale entusiasmo per questo film, soprattutto per il finale, i giffoner della sezione Generator +13hanno rivolto delle domande molto interessanti al regista, il quale ha ammesso che la storia si basa anche sulla sua storia personale. Aveva 14 anni quando perse il padre e questa scomparsa lo portò ad essere arrabbiato con tutti, nessuno escluso. Come Lena anche lui aveva un mostro dentro di sé. La scelta di non ucciderlo, ma di guardarlo negli occhi, di scendere a patti con lui, è l’unica cosa che si può fare nella vita. Per questo motivo, sul finale del film, ha voluto che il mostro lo vedesse solo Lena, come accettazione del lutto. La scelta di ideare un mostro che vivesse in mare, è per sottolineare quanto sia sconosciuto a tutti noi, rispetto alla Luna che è stata conquistata dall’uomo più di 50 anni fa. “Il mare rappresenta l’enorme oscurità che abbiamo dentro. Non possiamo andare contro le onde, ma seguire la loro corrente. Così come la morte, non possiamo contrastarla, ma seguirla semplicemente”.

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