Maurizio De Lucia

DE LUCIA: “GIFFONI È UNO STRUMENTO DELL’ANTIMAFIA DEI DIRITTI”

Incontro con il Procuratore Capo di Palermo: “Qui ci sono talenti e ragazzi impegnati. La criminalità arretra dove c’è sviluppo e crescita culturale”.

La mafia non è solo un fenomeno criminale. La mafia è capace di parlare con pezzi della società. Per sconfiggerla servono crescita economica e sviluppo cultuale necessari per ridurre lo spazio alla mafia stessa. Sono strumenti che servono per capire il bello che c’è nella vita e nella società. In questo senso Giffoni è uno strumento dell’antimafia dei diritti”. Lo ha detto Maurizio De Lucia, Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Oggi ha incontrato i ragazzi di Giffoni Impact! in un confronto molto serrato e stimolante, introdotto dal fondatore di Giffoni, Claudio Gubitosi: “Oggi – ha detto – scriviamo un’altra pagina di storia con un personaggio molto speciale. Questo è per me e per noi tutti motivo di grande privilegio e di grande orgoglio”.

“È stato un piacere ricevere il vostro invito – ha così esordito il Procuratore – ed è stato un onore accoglierlo. Non ho sbagliato a farlo perché qui c’è talento, c’è una gioventù impegnata ed è bellissimo per chi come me è abituato a lavorare sulla patologia, sul dolore”.

De Lucia conduce da anni un’azione di contrasto alla mafia. Lo fa a Palermo e la sua azione, nella pubblica opinione, è fortemente legata alla cattura di Matteo Messina Denaro avvenuta nel gennaio scorso dopo trent’anni di latitanza. Si chiude così un cerchio dopo la fase stragista, quella che è costata la vita a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. Ma non bisogna mai cedere il passo, mai sentirsi arrivati perché la mafia sa essere profondamente subdola

“La magistratura – ha spiegato De Lucia – è solo un pezzo e vince quando vince il Paese. Il compito dei magistrati è quello di tutelare l’onore, i beni e la vita delle persone. Bisogna farlo al meglio e con equilibrio, per far vivere sempre i valori che sono alla base della nostra Costituzione. La Costituzione vive anche attraverso di voi ed è vostro compito tutelare questi valori. In questi trent’anni la magistratura ha avuto un ruolo. Per qualcuno è stato eccessivo. Intanto c’è stato. Trent’anni fa avevamo le autostrade divelte dalle bombe della mafia. Oggi molte cose sono cambiate, ma non tutto”.

I ragazzi esprimono anche rabbia. I trent’anni di latitanza di Messina Denaro rappresentano un tempo lunghissimo in cui tanti sono stati i crimini commessi, tante morti, tanta ferocia: “Per trent’anni – ha spiegato il Procuratore – Messina Denaro è stato ricercato con serietà. Non si sono forse determinate le condizioni per catturarlo prima. Quello che so è che trent’anni fa i mafiosi anche se condannati all’ergastolo erano liberi. Oggi sono stati catturati tutti secondo le regole dello Stato di diritto”.

E rientra tra i principi di uno Stato di diritto assicurare anche al peggiore dei criminali un trattamento dignitoso: “Lo Stato – ha detto – ha il dovere di assicurare loro alcuni diritti. Noi li rispettiamo anche se sono mafiosi e loro non rispettano le vittime. Questa è la differenza tra noi e loro. Uno Stato serio non fa sconti sulla pena ma assicura diritti anche al più efferato dei criminali”.

Fare il Procuratore Capo a Palermo è un ruolo delicatissimo che necessita equilibrio e tanta determinazione: “Dopo le stragi – ha spiegato De Lucia – c’è stato un grande momento di tensione civile. Che poi si è allentato. Ma si è continuato a coltivare la memoria e si è così costruita un’antimafia della cultura. Quando fai delle operazioni e vedi la gente che applaude capisci che sono con te, fa il tifo per te. Sapere che c’è questo coinvolgimento delle persone in termini di passione civile è molto importante. Nel fare questo lavoro, però, è importante sapersi scindere. Quando parli con un mafioso devi pensare che non sei tu a parlargli in quel momento, ma è lo Stato. Devi avere un approccio laico.  Questo è un mestiere che va preso sul serio ma noi non dobbiamo prenderci troppo sul serio perché qui nessuno è Dio in terra. Chi occupa un ruolo nelle istituzioni deve comprendere di essere un ospite e deve averne rispetto perché le istituzioni sono di tutti”.

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