De Core

DALLA “RESPONSABILITÀ” NEI CONFROTI DEI LETTORI ALLA “CREDIBILITÀ” DI UN GIORNALE: LA LEZIONE DI FRANCESCO DE CORE AI GIFFONER

La “tradizione” si rinnova. A Giffoni53, il direttore de Il Mattino, Francesco De Core, incontra i giffoner del workshhop +18. Credibilità, autorevolezza, ma anche capacità di sapersi innovare e seguire “l’autostrada” del web e del digitale: questi i temi al centro dell’incontro, introdotto dal fondatore e direttore del Giffoni.

La “tradizione” si rinnova. A Giffoni53, il direttore de Il Mattino, Francesco De Core, incontra i giffoner del workshhop +18. Credibilità, autorevolezza, ma anche capacità di sapersi innovare e seguire “l’autostrada” del web e del digitale: questi i temi al centro dell’incontro, introdotto dal fondatore e direttore del Giffoni. “Quando viene il direttore del Mattino, la storia si materializza: il primo articolo sul Giffoni Film Festival è datato 1973 e apparve sul Mattino”, racconta Claudio Gubitosi. È lui a dare il “bentornato” al numero uno del giornale fondato da Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio nel 1892. “Con Il Mattino c’è una lunga relazione – continua Gubitosi – perché, anche se non ci siamo mai chiesti di ‘dove siamo’ ma ‘chi siamo’, siamo espressione di una regione che è la Campania e di parte d’Italia che è il Sud. Ogni volta che parlo del Mattino c’è una riverenza totale”.

Tante le curiosità e le provocazioni dei giffoner +18. “Cosa facciamo per i giovani? Un buon giornale. Che vuol dire fare delle scelte anche in base al pubblico di lettori. Al tema del Sud, noi che siamo il giornale sentinella del territorio, dedichiamo spazio – racconta De Core – Non tocca a noi trovare le soluzioni, ma noi possiamo indicare strade e possibili soluzioni che poi l’autorità politica e amministrativa potrà adottare. Sensibilizzare l’opinione pubblica su certe tematiche è importante”, spiega il giornalista. Il direttore de Il Mattino ricorda la figura e l’opera di Matilde Serao. Anche in virtù della quale esiste “nel dna del Mattino un forte radicamento nella città”. De Core racconta che “chi arriva, come me, a fare il direttore di questo giornale, deve ricordarsi sempre del rapporto con la città e con il Mezzogiorno”. E ancora: “Il Mattino ha una forza di rappresentanza sul territorio che è unica, non accade con altri giornali in altre città”.

Tra i temi trattati, quelli della “verità” e della “credibilità” di un giornale, a iniziare dai titoli che si danno agli articoli. “In poche parole – spiega De Core – devo attrarre l’attenzione del lettore a anche rispettare la verità. Perché se il titolo non corrisponde al vero, il lettore ci può cascare una, due o tre volte, ma poi il giornale non lo compra più. Se propongo titoli urlati che non rispondono a quello che c’è scritto nei pezzi, non rendo un buon servizio non solo al lettore ma al mio giornale, perché non sono credibile”. E aggiunge: “Preferisco tenere il volume del titolo un po’ più basso ma corrispondente al vero. Perché l’autorevolezza si conquista così. È il lettore che decide la credibilità e, se la perdo, perdo tutto quello che ho fatto nel corso degli anni”.

De Core fa riferimento alla “grande responsabilità nei confronti dei lettori”, alla “difficoltà” di trattare le notizie quanto più sono legate al territorio, all’oggettività assoluta che “non esiste”, ai diversi modi di fare giornalismo. Soprattutto, si sofferma “sulla cura dei dettagli necessaria per tutte le notizie”, sul “rapporto con le fonti”. Sempre tenendo presente il tema della credibilità dell’informazione, che “è importantissimo, fondamentale. Io – racconta – faccio il direttore facendo domande tutti i giorni. Faccio domane quando mi viene proposta una notizia non perché non mi fido dei miei giornalisti, ma perché faccio la parte del lettore. Faccio le pulci ai miei giornalisti”. Insomma, “la verifica è il lavoro più complicato”.

Ma come può cambiare il giornalismo? “Il The Boston Globe, il giornale dell’inchiesta raccontata in Spotlight, stava chiudendo. Così il New York Times – spiega De Core – Poi ha trasferito la copia cartacea sul digitale. E si è salvato”. In sostanza, “l’autorevolezza del giornale si è dovuta trasferire su un altro supporto, il web. Il web è – sottolinea – il nucleo centrale non del futuro ma del presente. Nonostante la testa di molti giornalisti sia rivolta al passato, dobbiamo pensare che solo quella del web è l’autostrada del futuro”. Da qui i consigli alle giovani generazioni, l’invito a costruire un “bagaglio culturale e professionale nel tempo”, ad “avere fantasia, entrare nel mondo delle startup, creare giornali con informazione settoriale, scegliere l’autostrada digitale”. Sul come è cambiato, invece, il modo di scrivere gli articoli, De Core spiega che “è cambiato con l’avvento del computer. Cambia la concezione della scrittura – dice – Prima avevo la frase in mente e la mettevo giù, anche lentamente. Adesso butto già quello che mi passa per la testa e lo ricostruisco”. Il tutto, non trascurando “espedienti narrativi che si usano per catturare l’attenzione, a iniziare dall’incipit, che deve dare la voglia di proseguire nella lettura”.

Non manca un passaggio sulla città di Napoli, sulla sua “forza attrattiva spaventosa, nel bene e nel male”. E neppure sulla vittoria del terzo scudetto del Napoli, con il racconto del retroscena legato allo speciale preparato per l’occasione, già stampato e in attesa solo di essere allegato al giornale nel giorno della vittoria matematica del titolo. “Più di una generazione si è finalmente impossessata di qualcosa di suo – racconta il direttore de Il Mattino – Le nuove generazioni si sono sempre trovate un gradino al di sotto”, e giù con il riferimenti, tra gli altri, a Diego Armando Maradona. “Questo scudetto – continua – è lo scudetto dei ragazzi di Napoli. Delle generazioni da zero a trentatré anni. Si sono appropriati di qualcosa di loro. Questa è la generazione dei Kvara, di Osimhen, di un coreano che gioca a pallone, di una squadra con un bilancio in ordine”. Infine, un ricordo di Maradona: “L’uomo ha avuto delle grandi contraddizioni, ma in campo è stato qualcosa che è andata anche al di là del gioco. Io l’ho visto giocare, una roba…”. Insomma, in una parola, “sarebbe una parola di tre lettere”, sorride.

Infine, il ricordo e l’applauso della sala per il giornalista appena scomparso, Andrea Purgatori.

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