Ama Gloria

AMA GLORIA: TATA PER LAVORO E “MAMMA” PER SEMPRE

AMA GLORIA (Francia, 2023), primo film in concorso per Giffoni53, sezione Generator +18, è la firma della regista Marie Amachoukeli sulla storia della propria famiglia e di tante altre.

Chi è la tata? Non è solo la “supplente” dei genitori che devono assentarsi. Al contrario, può diventare parte integrante della famiglia, se tocca le corde giuste e trasforma il proprio lavoro – prendersi cura delle persone – in un pezzo di cuore. Così quel giorno in cui dirà ai piccoli diventati grandi “non ci vediamo più, siete cresciuti e non avete più bisogno di me” oppure “lascio la vostra, anzi la nostra casa è torno nella mia casa”, quel giorno è una cicatrice, un segno. O forse un seme nella vita di una famiglia. AMA GLORIA (Francia, 2023), primo film in concorso per Giffoni53, sezione Generator +18, è la firma della regista Marie Amachoukeli sulla storia della propria famiglia e di tante altre. “Parlo della donna, immigrata portoghese, che lavorava come badante nel condominio dove abitavo – spiega Amachoukeli – ho trascorso la maggior parte della mia infanzia con i suoi figli. Quando avevo sei anni, mi disse che sarebbe tornata in patria con suo marito per aprire un’attività e iniziare una nuova vita vicino alla sua famiglia. È stato il primo grande shock della mia vita. Oggi siamo ancora in contatto, ci mandiamo cartoline, mi chiama per il mio compleanno e quando vado a trovarla in Portogallo, ci sono le mie foto tra quelle dei suoi figli e nipoti. Mi chiama ancora “figlia mia”. Con questo film, volevo parlare delle persone che si prendono cura dei bambini per vivere e di come il legame affettivo a volte superi i limiti predefiniti del proprio lavoro. Nella nostra società, dove la maternità è santificata, penso che sia un tabù dire che non solo i genitori possano scoppiare d’amore per i propri figli o che, al contrario, un bambino possa provare quell’amore assoluto per una persona che non è un genitore. Non lo dici nemmeno alla tua famiglia. È un amore segreto, quasi clandestino, non detto”. Su questo sfondo e patrimonio di affetti si staglia AMA GLORIA. Il titolo è già tutto: una storia d’amore forte tra la tata e la sua bambina. Arriva a dire: “È come una figlia” e le persone del suo villaggio la rimproverano. “A casa hai già due figli”, le dicono. Cléo, la giovane protagonista del film, ritrova il sorriso solo quando va a trovarla a Capo Verde per le vacanze. È qui che ritrova il suo mondo, pur lontano migliaia di chilometri da casa sua. Ma qual è e dov’è realmente casa per ciascuno di noi? “Gloria – le dice – io ho ricordi solo con te”. Impara a nuotare nel mare di Capo Verde, tocca il pancione di Nanda, la figlia di Gloria, aveva la propria idea di famiglia che inglobava Gloria e adesso deve innestarsi da ospite in una famiglia nuova… che ingloba sempre Gloria. Con la gente di Capo Verde mangia con pesce arrosto appena pescato e priva a superare la diffidenza di Cesàr, l’altro figlio. Riempie gli occhi di nuovi colori e conosce nuovi odori. Il dolore provato per il primo addio di Gloria pare superato: si sono ritrovate in un altro continente e adesso deve sfruttare al massimo la loro ultima estate insieme. Lo aveva promesso: “ci rivedremo”. Clèo gliel’aveva fatto promettere “sputando sul palmo della mano, come una vera promessa”. Sorrisi, spensieratezza, nasce il bambino di Nanda, Clèo si è anche abbronzata ma arriva pure il momento dei saluti e di tanta gelosia, perché ascolta la sua ninna nanna cantata ora per il piccolo Santiago, che diventa addirittura un rivale. “Verrò a prenderti in aeroporto – le dice il papà – e ho trovato una brava signorina che si prenderà cura di te quando ritornerai a Parigi”. Segue il dibattito a fine film. I pareri dei giurati sono diversi, contrastanti. È la storia di un rapporto viscerale, intimo, forte, da quasi mamma a quasi figlia. “Cresce l’interiorità di Clèo – dice un giurato – ma ci sono personaggi intorno troppo fermi e scontati”. Una giurata non concorda: “non doveva essere un’esagerazione dell’evoluzione interiore. Mi piace molto il senso del tatto nei vari stadi della vita: toccare per esplorare e conoscere, per cercare un rapporto con le cose e le persone. È un film che mi è piaciuto e ho pianto quattro volte”. “Il film comunica apertamente di non volersi interessare ad altri personaggi – aggiunge un altro giffoner nel dibattito – Non è importante mettere in risalto altri personaggi ma la visione della bambina e la sua personalità. Il fulcro narrativa è/deve essere la bambina. È un setaccio di immagini in tempo breve, perché l’obiettivo è imprimere sensazioni forti in tempo breve. Le scelte stilistiche – la scelta in particolare di utilizzare molto la camera producendo tagli continui curando il dettaglio – aggiunge carica emotiva. È questo il vero segreto del film”. Ha colpito anche “l’utilizzo particolare dell’acqua. L’acqua è addestramento, l’acqua è usata come viaggio e conoscenza ma ha anche un potere catartico di liberazione dalle paure”.

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